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Il paesaggio
Il romanzo si apre con una dettagliata descrizione del paesaggio ben noto al Manzoni che aveva passato gran parte della fanciullezza presso il ramo del lago di Como che bagna Lecco. Il lago che si restringe ed affluisce nell'Adda, in lontananza la catena dei monti, i campi, i casolari, i boschi e quindi le strade e le stradette, costituiscono una descrizione dettagliata di luoghi reali ed allo stesso tempo una rievocazione di lontani ricordi. Sembra anche a noi lettori di muoverci all'interno di quel paesaggio e assistiamo a come quei luoghi e quelle cose si muovano attorno a noi.
Don Abbondio
La sera del 7 novembre del 1628, Don Abbondio, il curato di un paese non precisato, passeggia per una di quelle stradicciole, come d'abitudine, leggendo il breviario. Viene introdotto in tal modo il primo personaggio della storia, destinato a determinare tutta la tragedia del racconto; una rapida descrizione che mette in evidenza i gesti oziosi e abitudinari (le interruzioni della lettura del breviario, i ciottoli allontanati con un calcio). Di lui sapremo solo qualche riga dopo cha ha superato i sessant'anni ed nei capitoli successivi che ha occhi grigi e due grandi baffi.
Incontro con i bravi
La descrizione viene interrotta per dare subito inizio all'inizio del dramma, ponendo termine alla situazione statica iniziale ed avviando il raconto. Là dove si biforca il sentiero presso un vecchio tabernacolo -dove non a caso è ingenuamente dipinta l'immagine del purgatorio- don Abbondio scorge due bravi in attesa. La biforcazione, viene scelto dall'autore in funzione simbolica e va interpretato come momento della decisione.
excursus sui bravi
Il racconto lascia posto ad un ampio excursus storico sui bravi (sgherri al servizio di un signore), con la citazione di una serie di gride (ovvero ordinanze) emesse dai governatori spagnoli dal 1583 al 1632. La trascrizione dei passi delle gride circa la presenza dei bravi e l'inutile determinazione ad eliminarli, vengono commentati ironicamente dal narratore che sottolinea un giudizio ricorrente all'interno del romanzo: l'impotenza del potere legale di fronte alla delinquenza, sia esso in connivenza, indifferenza o incapacità. Uno "squarcio autentico" di storia, tanto frequenti all'interno del romanzo, che anziché quastare sul più bello il racconto, costituiscono un utilissimo intermezzo per meglio preparare il lettore a comrpendere tutta la narrazione.
Ingiunzione a non celebrare le nozze
Si ritorna alla vicenda riportando l'attenzione su don Abbondio che si accorge di essere proprio la persona che i due bravi attendono; dopo aver cercato disperatamente e comunicamentente una impossibile via di fuga. Don Abbondio, lo vediamo nella sua vera essenza: un uomo schiavo della paura, uno che la paura rende ridicolo ed egoista. I due bravi accolgono don Abbondio con un messaggio chiarissimo, pur nell'oscurità delle minacce che sottintende: con atteggiamento minaccioso, un bravo intima al curato di non celebrare il matrimonio tra Renzo Tramaglino e Lucia Mondella (questo matrimonio non s'ha da fare, né domani né mai). La determinazione di don Abbondio di evitare l'imposizione dei bravi, crolla ben presto di fronte alla bestemmie, all'ironico ossequio dei due bravi alle superiori capacità del curato ed alla rivelazione indiretta del nome del mandante: l'illustrissimo signor don Rodrigo. A quel nome non resta per don Abbondio che ubbidire: "disposto, disposto sempre all'obbedienza". Allontanatosi dai bravi, i pensieri del parroco si fanno tormentosamente caorici e crudelmente ingiusti arrivando ad accusare quei ragazzacci Renzo e Lucia per i guai in cui l'hanno cacciato; residuo di coscienza che non può essere mai del tutto dimenticata, si fa in lui strada la rabbia contro Don Rodrigo.
Un vaso di terra cotta
Il Manzoni, mette in pausa l'azione e presenta un rapido quadro della società del Seicento, con le sue sopraffazioni e violenze. In quella società don Abbondio si era trovato come un vaso di terra cotta costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro, la scelta del sacerdozio era stata presa per puro calcolo ed interesse; da prete sarebbe stato sempre riverito e avrebbe avuto di che vivere. Ed era rimasto calcolatore per tutta la vita, scansando qualunque contraso o se proprio doveva per forza schierarsi, schierandosi con il più forte. Ma all'improvviso questo sistema di pacifica convivenza si è dissolto per sempre. Uno stupendo soliloquio fa avvertire la disperazione dell'uomo, stanco e disperato mentre si incammina verso la canonica.
Perpetua
Arrivato a casa, viene introdotto il personaggio di Perpetua; il ritratto di quest'ultima è tracciato rapidamente, descritta dal narratore come affettuosa e fedele serva del curato mentre il punto di vista di don Abbondio e della stessa perpetua, mette in luce il suo carattere bisbetico e le controverse ragioni del suo nubilato. Perfetta contrapposizione morale ed artistico di don Abbondio: complicato e dubbioso lui, semplice ed impulsiva lei. Il loro dialogo viene descritto con grande vivacita e realismo. La soluzione che propone: informare il cardinale Federigo Borromeo per averne aiuto contro don Rodrigo. Il parroco in cima alle scale e con il lume in mano, respinge il consiglio di Perpetua; mette il dito in bocca, esclama "Per amor del cielo!" terrorizzato dell'imminente reazione di don Rodrigo. Don Abbondio, prima vittima del sopruso, sta per mettersi come sempre al fianco del più forte contro i più deboli.

Sequenza Tempo Luogo Personaggi Argomento
1 descrittiva rive del lago di Como
2 narrativa 7 novembre 1628 stesso luogo don Abbondio ritorno a casa del parroco
3 narrativa stessa data stesso luogo don Abbondio, due bravi di don Rodrigo incontro tra i bravi e don Abbondio
4 descrittiva documentazione storica sui bravi dal 1583 al 1632
5 narrativa stessa data stesso luogo gli stessi i due bravi ingiungono a don Abbondio di non celebrare il matrimonio tra Renzo e Lucia
6 descrittiva stessa data stesso luogo don Abbondio presentazione di don Abbondio: carattere e vita
7 narrativa stessa data casa di don Abbondio don Abbondio, Perpetua dialogo tra don Abbondio e Perpetua

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